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Informazioni utili online sulla parola italiana «uscire», il significato, curiosità, coniugazione del verbo, associazioni, sillabazione, frasi di esempio, definizioni da cruciverba, definizioni storiche, rime, dizionario inverso. Cosa vuol dire.


Uscire

Verbo

Uscire è un verbo della 3ª coniugazione. È un verbo irregolare, intransitivo. Ha come ausiliare avere. Il participio passato è uscito. Il gerundio è uscendo. Il participio presente è uscente. Vedi: coniugazione del verbo uscire.

Parole Collegate

»» Sinonimi e contrari di uscire (andare, allontanarsi, emergere, venire fuori, ...)
Associate (la prima parola che viene a mente, su 100 persone)
entrare (28%), porta (11%), fuori (10%), casa (5%), andare (5%), evadere (3%), senno (3%), uscio (2%), passeggiare (2%), cena (2%), andarsene (2%), scoperto (2%), divertirsi (2%). Vedi anche: Parole associate a uscire.

Utili Link

Significato su Dizionari ed Enciclopedie online
Hoepli | Treccani | Wikipedia

Liste a cui appartiene

Lista Verbi di movimento [Tornare, Trasferirsi « * » Venire, Viaggiare]

Foto taggate uscire

Castello di Lagopesole
  

Informazioni di base

La parola uscire è formata da sei lettere, tre vocali e tre consonanti. Divisione in sillabe: u-scì-re. È un trisillabo piano (accento sulla penultima sillaba).

Frasi e testi di esempio

»» Vedi anche le pagine frasi con uscire e canzoni con uscire per una lista di esempi.
Esempi d'uso
  • Abbiamo deciso di uscire tutti insieme dal teatro, dato che la commedia non era per niente divertente.
  • Avrei bisogno di uscire all'aperto per riordinare le idee.
  • Questo pomeriggio non uscire di casa: sono previste manifestazioni di protesta organizzate da personaggi violenti.
Citazioni da opere letterarie
L'Isola dell'Angelo Caduto di Carlo Lucarelli (1999): Si sentiva sollevato, assurdamente. L'idea di uscire nel vento della notte lontano dall'aria immobile della ghiacciaia, senza quell'odore morto di pesce. A quello che sarebbe successo dopo, a quell'appuntamento con Mazzarino che gli risuonava nelle orecchie come una minaccia e gli faceva paura, ci avrebbe pensato un'altra volta. Dopo, appunto.

La Storia di Elsa Morante (1974): Il cesso, in comune con gli altri inquilini dei piani di sopra (al pianoterra, Santina era l'unica abitante) si trovava situato all'esterno, dentro al cortiletto dell'ingresso principale. Per andarci, bisognava uscire dal terraneo sulla strada e aggirare la costruzione fino al portone d'ingresso. A ogni modo, nella stanzuccia, sotto al letto, c'era un orinale, che si poteva anche svuotare direttamente nella strada.

Il deserto dei tartari di Dino Buzzati (1940): Drogo aveva capito il loro facile segreto e con sollievo pensò di esserne fuori, spettatore incontaminato. Fra quattro mesi, grazie a Dio, egli li avrebbe lasciati per sempre. Gli oscuri fascini della vecchia bicocca si erano ridicolmente dissolti. Così pensava. Ma perché il vecchietto continuava a fissarlo e con quell'espressione ambigua? Perché Drogo sentiva il desiderio di fischiettare un poco, di bere vino, di uscire all'aperto? Forse per dimostrare a se stesso di essere veramente libero e tranquillo?
Espressioni e Modi di Dire
  • Uscire dal seminato
  • Uscire allo scoperto
  • Uscire dai gangheri

Giochi di Parole

Giochi enigmistici, trasformazioni varie e curiosità. Vedi anche: Anagrammi per uscire
Definizioni da Cruciverba di cui è la soluzione
Definizioni da Cruciverba in cui è presente
»» Vedi tutte le definizioni
Cambi
Cambiando una lettera sola si possono ottenere le seguenti parole: uscirà, uscirò, uscite.
Scarti
Rimuovendo una sola lettera si può avere: uscir.
Altri scarti con resto non consecutivo: scie, sire.
Zeppe (e aggiunte)
Aggiungendo una sola lettera si possono ottenere le parole: usciere, uscirei, uscirne.
Parole con "uscire"
Iniziano con "uscire": uscirei, usciremo, uscirete, uscirebbe, usciremmo, uscireste, usciresti, uscirebbero.
Finiscono con "uscire": riuscire, fuoriuscire.
Contengono "uscire": riuscirei, riusciremo, riuscirete, riuscirebbe, riusciremmo, riuscireste, riusciresti, fuoriuscirei, fuoriusciremo, fuoriuscirete, riuscirebbero, fuoriuscirebbe, fuoriusciremmo, fuoriuscireste, fuoriusciresti, fuoriuscirebbero.
»» Vedi parole che contengono uscire per la lista completa
Parole contenute in "uscire"
ire, sci, usci, uscir. Contenute all'inverso: eri, ics.
Incastri
Inserito nella parola rii dà RIuscireI; in rimo dà RIuscireMO.
Inserendo al suo interno est si ha USCIRestE.
Lucchetti
Scartando le parti in comune (in coda e poi in capo), "uscire" si può ottenere dalle seguenti coppie: usciamo/amore, uscii/ire, uscio/ore, uscita/tare, uscitaccia/tacciare.
Usando "uscire" (*) si possono ottenere i seguenti risultati: * rete = uscite; * reti = usciti; * resse = uscisse; * ressi = uscissi; * reste = usciste; * resti = uscisti; * ressero = uscissero.
Lucchetti Riflessi
Scartando le parti in comune (in coda e il riflesso in capo), "uscire" si può ottenere dalle seguenti coppie: uscita/atre, uscito/otre.
Usando "uscire" (*) si possono ottenere i seguenti risultati: * erta = uscita; * erte = uscite; * erti = usciti; * erto = uscito; * errai = uscirai.
Lucchetti Alterni
Scartando le parti in comune (in coda oppure in capo), "uscire" si può ottenere dalle seguenti coppie: uscii/rei, uscio/reo, uscisse/resse, uscissero/ressero, uscissi/ressi, usciste/reste, uscisti/resti, uscite/rete, usciti/reti.
Usando "uscire" (*) si possono ottenere i seguenti risultati: * tare = uscita; * amore = usciamo; * aie = uscirai; * remore = usciremo; * tacciare = uscitaccia.
Sciarade incatenate
La parola "uscire" si può ottenere (usando una volta sola la parte uguale) da: usci+ire, uscir+ire.
Intarsi e sciarade alterne
Intrecciando le lettere di "uscire" (*) con un'altra parola si può ottenere: fra * = frusciare; sta * = suscitare; resta * = resuscitare; stato * = suscitatore; stemmo * = susciteremmo; steste * = suscitereste; stesti * = susciteresti.

Definizioni da Dizionari Storici

Vocabolario dei sinonimi della lingua italiana del 1884
Netto, Pulito, Uscire netto, Uscirne al pulito - Nella voce verbale Netto e Pulito mutano di importanza; chè il primo significa ciò che non ha nemmen l'ombra di macchia, equivalente quasi a Puro: Coscienza netta. Dove Pulito si dice semplicemente per significare che la cosa o la persona non è sudicia; onde le frasi Uscir netto da una cosa, che vale Uscirne in tutto e per tutto purgato anche dal più lontano sospetto, e Uscrine pulito, che vale Scansare danno o disonore o per mancanza di prove o per altra cagione. [immagine]
Sortire, Uscire - Il Sortire, tanto abusato oggi per il semplice Uscire, si dice solo nel caso dove intervenga la sorte, o si parli di cosa toccataci in sorte. Si potrà dire, per esempio, dei numeri del lotto, dei nomi che escono da una borsa tirandoli su a sorte, e si dice nel linguaggio militare quando i soldati, per esempio, chiusi in una fortezza, escono per far impeto sugli assedianti. - Uscire significa semplicemente il venir fuori da un luogo dove stava una persona, un liquido, un congegno. [immagine]
Dizionario dei sinonimi - Zecchini del 1860
Uscire, Sortire - Uscire è sortir fuori dell'uscio: uscir di casa. Però uscir de' gangheri, uscir dal seminato; meglio che sortire: sortire ha il noto senso militare nel derivato sortita. [immagine]
Dizionario Tommaseo-Bellini del 1865-1879
Uscire - ed ESCIRE. V. n. Andare o Venir fuori; contr. di Entrare: e dicesi così di uomini come di animali. Exire, aureo. Gr. ̓Εξιέναι.

[G.M.] Forme gramm. Esco, Esci, Esce, Usciamo, Uscite, Escono. Io usciva, Tu uscivi… Uscii, Uscisti, Uscì, Uscimmo… Uscirò, Uscirai… –Imperat. Esci, Esca, Usciamo, Uscite, Escano. Cong. Io esca, Tu esca, Egli esca; Noi usciamo, Voi usciate, Essi escano. – Io uscissi, Tu uscissi… Uscirei, Usciresti. – Partic. Uscente, Uscito. Gerund. Uscendo.

[G.M.] Intorno a questo e altri verbi notò il Bartoli (Tort. e Diritt. § 93. ediz. Rom. 1668) che l'accento in alcune voci ha una tal forza che, passando d'una in altra sillaba, caccia quella vocale onde si partì, e un'altra in sua vece ivi ne ripone. Perciò diciamo: Esco, Usciamo, Esci, Uscirono, ecc., come sopra abbiam veduto. Ma cotesta regola non è da intendersi assolutamente, mentre l'uso tosc. e quello de' buoni autori ammette anco Escite, Esciva, Escisti, Escirono, Escirò, Escirei, Escito, e qualcun'altra.

[G.M.] Forme ant. e poet. Uscimo, Uscièno, Uscetti, Uscette, Uscettero, Uscittero, Uscinno, Uscirno. – Usco, Usci, Usce, Usca, Eschi, Eschiamo (non morte nel contado tosc.), Usciría, Usciriano, Uscirieno. – Idiot. Uscirebbi, Uscirabbo.

[G.M.] Si costruisce col Da e col Di. Col Da pare indichi meglio il punto di partenza; col Di, il luogo fuori del quale si esce. Esco di Firenze,ed Esco da Porta Romana. Ma gli usi si confondono.

[G.M.] S'esce propriamente d'un luogo chiuso, o che si riguarda come circoscritto da certi confini. Si esce di casa, di chiesa, dalla chiesa; S'esce dal teatro; S'esce di città, della città, dalla città; S'esce di carrozza, di barca, del letto, da letto; S'esce da un bosco, da un podere; S'esce di carcere; S'esce da un luogo qualunque; S'esce del proprio paese, e si va in un altro.

Bocc. Nov. 9. g. 9. (C) Avvenne che uscendo d'Antioccia con un altro giovane chiamato Josefo,… cavalcò per alquanto spazio. E nov. 2. g.10. Messere, poichè voi ben vi sentite, tempo è d'uscire d'infermeria.

[G.M.] Bocc. Nov. 7. g. 2. Se tu crederai al mio consiglio, tu non uscirai oggi di casa. E nov. 3. g. 9. Avendo tra sè ordinato quello che a fare avessero, la seguente mattina, appostato quando Calandrino di casa uscisse,… E Tes. 7. 40. Nè quella notte da quel tempio uscette. D. 3. 6. Cento e cent'anni più l'uccel di Dio (l'aquila) Nello stremo d'Europa si ritenne Vicino a' monti de' quai prima uscío. Amm. Ant. p. 287. Guarda che tu non eschi di casa per veder la figliuola di altre contrade. Cavalc. Esp. Simb. 294. Tornerò nella mia casa onde uscetti. E 376. Li quali uscittero dell'arca di Noè dopo il diluvio. Vit. S. Onofr. 142. Mi levai una notte, e tolsi tanto pane che mi bastò quattro dì, e uscetti del monisterio. Coll. SS. PP. 3. 12. 38. Perocchè, come fu dono di chiamamento di Dio: Esci della terra tua; così fu ubbidienza d'Abramo che uscío. Morg. 14. 54. La passer' v'è maliziosa e cattiva, E par sol si diletti di far danno, E 'l corbo come già dell'arca usciva. E 83. La serpe si vedea prudente e mastra, Tra sasso e sasso della scoglia uscire. E 18. 96. Or Salincorno, come addormentato Crede sia il campo, uscì della città… Ma nell'uscir nella schiera scontrossi Del savio Veglio, e la zuffa appiccossi. E 19. 93. A poco a poco uscîr della foresta. Ar. Fur. 7. 24. Talvolta uscía del letto, e l'uscio apriva. E 17. 55. Tenea la mano al buco della tana (l'Orco), Acciò col gregge non uscissim noi. E 34. 45. Alfin con molto affanno e grave ambascia Esce dell'antro, e dietro il fumo lascia. Tass. Ger. 12. 14. E so che fuori andando opre faresti Degne di te, ma sconvenevol parmi Che tutti usciate, e dentro alcun non resti Di voi, che siete i più famosi in armi. = Bern. Orl. Inn. 24. 36.(C) I tori uscirno con molto fracasso.

T. Vang. Uscì del Giordano. – Uscì Lot di Sodoma. – Uscendo di Gerico. – Uscendo di Sinagoga. – Uscendo della barca. – Uscendo dalla solitudine. – Uscendo dal tempio.

Coll'A. Uscire ad alcuno, Uscire ad un luogo; Andarvi, Recarvisi, Pervenirvi. Non com., ma non morto. T. Vit. SS. PP. 121. Aperse l'uscio, ed uscì a loro. [G.M.] D. 2. 17. Sì pareggiando i miei co' passi fidi Del mio maestro, uscì' fuor di tal nube (della nebbia) A' raggi morti già ne' bassi lidi. E 11. Ben si de' loro atar (aiutarli) lavar le note Che portâr quinci, sì che mondi e lievi Possano uscire alle stellate ruote. Tass. Ger.11. 36. Che non uscite a manifesto assalto, Appiattati guerrier (riparati dalle macchine), s'io non m'ascondo? [Cont.] Melzo, Gov. Cav. IV. 9. Non conviene imboscarsi per molto spazio di tempo innanzi il giorno; perchè, sopravenendo il nimico, non potrebbe esser scoperto se non quando fosse molto vicino; ed in questo modo la gente imboscata non avrebbe tempo di mettersi in ordine per uscir al largo.

T. Vang. Di nuovo uscì a' Giudei. – Uscirono al monte degli Ulivi. – Le moltitudini che uscivano a essere battezzate da Lui. – Che siete usciti a vedere?

Coll'In. [G.M.] Ar. Fur. 17. 27. Tre dì e tre notti andammo errando ne le Minacciose onde per cammino obliquo: Uscimmo alfin nel lito stanchi e molli, Tra freschi rivi, ombrosi e verdi colli. [Cors.] Bart. Uom. Lett. 2. Demostene,… radendosi il capo, si obbligò a non uscire in pubblico.

T. Vang. Volle uscire in Galilea. – Uscì in Betania co' Dodici. – Escì nelle vie e nelle piazze.

Colla partic. Si, a guisa di n. pass. Pecor. g. 3. n. 1. (M.) E come egli ebbero cenato, il prete s'uscì fuor di casa per dare loro agio. Boez. Varch. 1. pros. 1. (C) Confessata per la rossezza del viso la sua vergogna, s'uscì di casa tutta dolente. Segret. Fior. lib. 1. (M.) La riverenza (del Pontefice) potette tanto in Attila, che si uscì d'Italia, e ritirossi in Austria.

[G.M.] Adesso per certa enfasi diciamo: Se ne uscì di casa senza sapere dove andasse. Se ne uscì dal Tribunale tutto contento per la sentenza a lui favorevole. Bocc. Introd. Li miei (pensieri) lasciai in dentro della porta della città, allora che io con voi poco fa me ne usci' fuora.

Con altri accompagnamenti. [G.M.] G. V. 7. 83. I Pisani con tutta la loro armata usciro fuori per combattere i Genovesi. Bocc. Nov. 3. g. 7. Se io quinci esco vivo e scampo, in ciò fare quella ma niera terrò che a grado ti fia. = E nov. 9. g. 8. (C) Si sforzò di rilevarsi e di volersi aiutare per uscirne. Petr. Son. 193. part. I. Uscita è pur del bello albergo fuora. Boez. G. S. 12. E confessando con rossore la vergogna, fuor della porta uscì. Varag. Legg. S. Stef. 119. (Man.) Se Stefano non venne a Roma, non uscirabbo quindi, che questo è il volere degli Apostoli.

[G.M.] D. 1. 4. Dimmi, maestro mio, dimmi, Signore:… Uscinne mai alcuno (degli spiriti dal limbo), o per suo merto, O per altrui, che poi fosse beato? E 14. Io cominciai: Maestro, tu che vinci Tutte le cose, fuor che i dimon' duri, Ch'all'entrar della porta incontro uscinci (ci uscirono incontro), Chi è quel grande? E 32. Va' via, rispose, e ciò che tu vuoi conta: Ma non tacer se tu di qua entr'eschi (esca) Di quei ch'ebbe or così la lingua pronta. Morg. 2. 37. E come e' fu fuor del palagio uscito, Sentì dentro alle mura un gran rumore. E 10. 24. Così coperti di piastra e d'arnese, Usciron tutti fuor della città. E 14. 13. Partissi, e del palagio usciva fuora, E vide il popol d'allegrezza pieno. E15. 67. Acciò che del mio amor tu vegga il frutto, Che non ti pasca più di foglie e fiori, E che tu esca omai di carcer fuori. E 21. 24. Subitamente uscîr fuor del palazzo. Tac. Dav. Ann. 3. 3. Egli ed Augusto non uscîr fuori, per fuggire in pubblico i piagnistei.

T. Vang. Dopo due giorni uscì di lì, e andò in Galilea. – Uscì fuori d'innanzi all'atrio.

2. [G.M.] Delle opere della creazione. D. 2. 16. Esce di mano a lui che la vagheggia Prima che sia (sia creata),… L'anima semplicetta che sa nulla, Salvo che, mossa da lieto Fattore, Volentier torna a ciò che la trastulla. = Petr. Canz. 17. 5. part. (M.) Tutte le cose di che 'l mondo è adorno, Uscîr buone di man del Mastro eterno.

T. Vang. Sciens quia ex Deo exivit, et ad Deum vadit.

E d'opere d'arte. [Cont.] Vas. V. 379. La prima opera, che mi uscisse di mano come di mia propria fucina, fu un quadro grande di figure quanto il vivo.

3. T. Uscire ass., intendesi per Uscire di casa, di stanza, e sim., secondo che è spiegato dal senso. Vang. L'uno dopo l'altro uscivano, cominciando da' Seniori.

[G.M.] Vit. S. Anton. p. 62. Quasi con desiderio volesse andare a loro, uscette. – È uscito subito dopo desinare. – Sarà mezz'ora che sono usciti. – Sono stato a trovarlo all'ufizio; ma era uscito. – Sono tre giorni che non esco. – Quando fa cattivo tempo non esce.

T. Col Di e l'inf. Gl'intimò d'uscire.

4. Venir fuori da un luogo ove alcuno sia caduto, affondato, o siasi calato, o sim. [G.M.] Si calò giù nel pozzo e non poteva più uscire. Cascò giù in un fossone, e non sapeva come fare a uscire. Entrò col barroccio in una strada rotta e fangosa, e ci volle del buono e del bello perchè potesse uscire.

5. Non di luogo, ma Uscire di linea, di fila, di tra la gente, e sim. Dant. Purg. 24. (C) Qual esce alcuna volta di galoppo Lo cavalier di schiera che cavalchi, E va per farsi onor del primo intoppo (scontro co' nemici); Tal si partì da noi… [G.M.] Tass. Ger. 3. 25. Usciam di questa mischia, ed in disparte Io potrò teco e tu meco provarte. – Uscire dalla folla. – Uscire di coppia.

6. Fig. Uscire dal comune, Di sopra il volgo, o sim.; Segnalarsi, Innalzarsi sopra gli altri. [G.M.] D. 1. 2. Disse: Beatrice, loda di Dio vera, Chè non soccorri quel che ti amò tanto, Ch'uscío per te della volgare schiera?

Poliz. Rim. 65. (M.) Ognun zimbella, ognun guata, e vagheggia; lo sol per fedeltà esco di greggia (mi fo distinguere sopra gli altri).

7. Uscire da uno, di uno; Uscire d'addosso a quello. T. Vang. Taci, e esci dell'uomo. – Uscì il demonio da lui. Per questa parola Va, è uscito il demonio della tua figliuola.

T. E fig. D. 1. 1. Questa (lupa) mi porse tanto di gravezza Con la paura ch'uscía di sua vista, Ch'i' perdei la speranza dell'altezza. Luc. Virtus de illo exibat, et sanabat omnes. E 8. Virtutem novi de me exiisse.

8. Uscire, colla partic. Da o Di innanzi un inf., vaie Aver fatto allora quella tal cosa che il verbo dichiara. [G.M.] Siamo usciti adesso da desinare. Uscivano da ringraziare il ministro, e incontrarono il segretario. Esco da dire un Avemaria alla Madonna.

Malm. 1. 48. (M.) Gente che uscía di quarantina. (Col Di men com.)

9. Di cose. [G.M.] Esce dal muro un chiodo, un arpione, se non vi stanno più fitti; Esce una bieta di sotto un mobile, se non lo calza; Esce un vaso di terra o di vetro dalla fornace. Esce il sangue dal naso, da una ferita. Esce il liquore da un vaso, il vino dalla botte, un fiume dalle sponde. Esce il cappello di capo per un colpo di vento; Escono le scarpe di piede a chi son troppo larghe.

Bocc. Introd. (C) A chi usciva il sangue del naso, era manifesto segno d'inevitabil morte. Dant. Inf. 8. Ed io: Maestro, già le sue meschite (le moschee della città di Dite) Là entro certo nella valle cerno (scorgo), Vermiglie come se di fuoco uscite Fossero. [G.M.] E 13. Così di quella scheggia usciva insieme Parole e sangue.

[Cont.] Lana, Prodr. inv. 73. Questa canna, aperta da tutti due i capi, deve essere talmente unita al collo che non possa entrarvi nè uscire aria. E 86. Non cesserà (l'acqua) di uscire per la bocca, O sintanto, che il vaso non resti vôto. Cell. Scul. 3. Rappreso che sia bene il tuo gesso, con molta facilità uscirà la detta camicia; di poi che hai provato una volta che l'esca, rimettila al suo luogo e finisci l'altra metà.

Per simil. Bocc. Nov. 6. g. 8. (C) Calandrino, essendogli il vino uscito di capo, si levò la mattina (cioè avendolo smaltito). [G.M.] Tass. Ger.2. 61. Cominciò poscia, e di sua bocca usciéno, Più che mel dolci, d'eloquenza i fiumi.

10. Di liquori o sughi spremuti. [G.M.] Da due limoni strizzati è uscito un mezzo bicchiere d'agro. – Dalle vinacce strette sono usciti dieci barili d'acquerello. – Da cinque bigonce d'uva ammostata uscirà un barile di vino. – Stringono le gabbie delle ulive, ed esce l'olio, e va a colare nel vaso sottoposto. – Fanno bollire lungamente carne grossa e carne di pollo in una pentola, e poi la strizzano in un panno, perchè n'esca un brodo più sostanzioso. – Dai pomidori spremuti esce la conserva per condire le vivande. – Più la carne è cotta, e più sugo esce.

Onde il Bocc. Nov. 5. g. 9. (C) Premendoti tutto, non uscirebbe tanto sugo che bastasse ad una salsa (di pers. inconcludente e buona a nulla).

11. Alzarsi, Sollevarsi. Car. En. 8. 641. (M.) Giace tra la Sicania dall'un canto, E Lipari dall'altro, un'isoletta, Ch'alpestra ed alta esce dell'onde e fuma.

[G.M.] Dalla parte destra della Chiesa esce su svelto il campanile di elegante architettura.

12. Delle vie che nascono e sboccano dove che sia. Bocc. Nov. 3. g. 9. (M.) Acciò che tu possa senza impedimento a casa tua ritornare, non per quella via donde tu venisti, ma per quella che tu vedi a sinistra uscir fuori del bosco, n'andrai.

[G.M.] La villa ha un bel prato, dal quale escono quattro grandi viottole che percorrono tutti i poderi.

13. Delle mercanzie che un luogo fornisce ad un altro. Sassett. Lett. 109. (Man.) Uscendo di quivi la maggior parte di quello che va in Levante. E 110. Però che la lana che là si lavora, esce tutta di qui. [Cont.] Sass. Lett. 115. Ma al profitto, raccontato pure ora, si aggiugnerebbe quello che si farebbe sopra le mercanzie che di qua escono, e 'n Levante si conducono. Cons. mare, Entr. usc. I. Tutte le robbe, o mercanzie, ch'entrano over escano dal detto luogo di principato di Catalogna per mar, o per terra, o per acqua dolce… paghino e abbiano a pagar entrando o uscendo,… 4 dinari.

14. Uscire, Uscir fuori, di libri, opere che si pubblicano appena stampate. Cas. Lett. 58. (C) Protestandomi perciò sempre che io non voleva che ella uscisse sotto mio nome, ma sotto nome dello stampatore. Red. Lett. 2. 71. (M.) Uscirà fuora subito un libro col seguente titolo…

T. Esce un giornale. – È uscito un decreto.

15. T. Dell'uscire a sorte. Uscire un numero, Una polizza. È uscito al lotto il numero venti. [G.M.] Avevo giuocato tre numeri, e me ne sono usciti due. – La seconda polizza che è uscita è stata la vostra.

[G.M.] In questo senso dicesi anche della stessa pers., intendendo che tra i nomi imborsati è uscito il suo. Voi siete uscito camarlingo della nostra società. Io sono uscito consigliere. [Cont.] Sass. Fr. Not. fam. XXXVI. Ne' governi pubblici fu assai adoperato; e, dal Gonfaloniere di giustizia in poi, ebbe tutti li supremi onori e magistrati della città; e nella borsa del Gonfaloniere era imborsato, ma non uscì mai.

16. Nascere. [G.M.] G. V. 1. 16. E di loro usciro poi grandi re e signori. Mor. S. Greg. l. 2. c. 16. Nudo uscii del ventre della madre. = Ar. Fur. 2. 32. (M.) E costei, che nè d'orso nè di fiero Leone usci, non degnò tale amante. E 13. 55. Spesso le ripetea ch'uscir di lei E di Rugger doveano gli eccellenti Principi e glorïosi Semidei. E st. 57. Da te uscir veggio le pudiche donne, Madri d'imperatori e di gran regi. E st. 59. De la tua chiara stirpe uscirà quella, D'opere illustri e di bei studii amica,… Liberale e magnanima Isabella. Car. En. 1. 1182. Ov'era solito… Bêr Belo e gli altri che da Belo usciro.

Anche: Uscire di una donna; Nascere da lei. Anguill. Met. 1. 206. (M.) Si tien che di Giove nascesse Epafo, Un bel figliuol che uscì di lei.

T. Vang. Di te, o Betlem, Uscirà un Duce a reggere il popol mio Israele.

17. Del sorgere dell'alba, del giorno, della notte, del sole, dei segni celesti. [G.M.] D. 2. 2. E già la notte… Uscía di Gange fuor con le bilance Che le caggion di man quando soverchia (quando cresce). Morg. 14. 62. E Noto ed Aquilon già fuori uscéno, Ed Orïon d'ogni tempesta pieno. Tass. Ger. 8. 1. Già cheti erano i tuoni e le tempeste, E cessato il soffiar d'Austro e di Coro, e l'Alba uscía dalla magion celeste Con la fronte di rose e co' piè d'oro. E 14. 1. Usciva omai dal molle e fresco grembo Della gran madre sua la notte oscura, Aure lievi portando, e largo nembo Di sua rugiada prezïosa e pura. E st. 3. Non lungi all'auree porte ond'esce il sole, È cristallina porta in Orïente, Che per costume innanzi aprir si suole Che si dischiuda l'uscio al dì nascente. E 20. 5. Non fu mai l'aria sì serena e bella, Come all'uscir del memorabil giorno.[Cont.] G. G. Infor. Long. Li quali (Pianeti Medicei) o col congiungersi due di loro insieme, o coll'unirsi coll'istesso Giove, o col separarsi da esso, o coll'ecclissarsi cadendo nella sua ombra, o coll'uscire di detta ombra, ci dànno… punti mirabili.

18. E contr. di pianeti, di stagioni che terminano il corso loro. Fr. Giord. 283. (M.) Che questa luna s'incomincia quando di marzo e quando d'aprile; ma in aprile finisce ed esce. Serd. Stor. 16. 629. Intanto era uscito l'autunno.

[G.M.] Tra il 19 e il 21 marzo esce l'inverno ed entra la primavera. All'uscir dell'estate.

19. Di funzioni sacre, di rappresentanze, Accademie, e sim., si dice che Escono allora che finiscono. [G.M.] La messa è uscita a mezzogiorno e mezzo. – Nell'estate il vespro esce alle sei. – La novena è uscita adesso. – E uscita la messa cantata. – Esce l'Adunanza in questo momento. – L'opera che fanno al teatro della Pergola entra alle otto, e esce circa alla mezzanotte.

Cecch. Servig. 1. 3. (M.) Dove si va Antonia? M. A. Alla messa: son io a otta? Dom. Sì, poco può stare a uscirn'una.

20. Uscire in, detto della terminazione dei vocaboli. [G.M.] I verbi che escono in are sono della prima conjugazione. – Participii che escono inante, e in ente. Le voci che escono in ume hanno sovente significato avvilitivo.

21. Uscire, per Aprire l'interno, Dire il suo sentimento. Cron. Morell. 276. (C) Guardati di non biasimare nè dir male di loro imprese e faccende, eziandio che sieno cattive; e statti cheto e non uscire a commendarli. [G.M.] Così, non com.; ma in signif. anal., di chi vien fuori con qualche discorso insolito, o che da esso non si aspettava, diciamo: Senti come ci esce costui! Esce fuori con certi discorsi…

E, con più forza, Uscire alla libera. Dav. Scism. 73. (M.) Non prima che allora uscì alla libera, con chi egli sapeva essere, come sè, ateista.

Fare uscire uno; Stimolarlo tanto che s'induca, ancorchè contro sua voglia, a fare e dire quel che tu desideri. Non più usit. Varch. Ercol. 83.(C) Fare uscire uno, è, ancorach'ei s'avesse presupposto di non favellare, frugarlo e punzecchiarlo tanto con le parole, e dargli tanto di qua e di là, ch'egli favelli o ch'egli paghi alcuna cosa.

22. Uscire una cosa da uno; Essere stata detta o inventata da lui. Sassett. Lett. 136. (Man.) Saladino dice che la cosa esce da voi.

[G.M.] È un discorso che dev'essere uscito da quel ciarlone. Tutte le novità, vere o false che sieno, escono da quella conversazione di fanulloni

23. Uscire, parlandosi di fiori, piante e sim.; Sbocciare, Germogliare. Sannaz. Arcad. pr. 5. (M.) In luogo di viole ed altri fiori, sono usciti pruni con spine acutissime. Bern. Orl. Inn. 3. 41 Tutti i fior ch'escon fuori a primavera Aveva ivi dipinto la natura.

[G.M.] Quand'è caduta la mignola degli ulivi, escon fuori le ulivine. – Il grano, dopo pochi giorni che è seminato, mette il piuolo; poi esce fuori del terreno, e comincia a verzicare; poi appratisce, e quindi accestisce.

24. Di odori, per Esalare. D. 2. 23. (C) Di bere e di mangiar n'accende cura L'odor ch'esce del pomo e dello sprazzo (altri legg. Spazzo). Vit. S. Gir. 56. D'esso corpo uscía tanto odore, che ivi parea che fossono tutte l'odorifere spezie del mondo.

D. Purg. 19. (M.) L'altra prendeva e dinanzi l'apriva, Fendendo i drappi e mostravami il ventre: Quel mi svegliò col puzzo che n'usciva. Bocc. Nov. 10. g. 5. Come aperto l'ebbe, subitamente n'uscì fuori il maggior puzzo di solfo del mondo.

25. E di colori, per Mostrarsi, Risaltare. Car. En. 6. 296. (M.) Indi tra frondi e frondi il color d'oro, Che diverso dal verde uscía raggiando, Di tremulo splendor l'aura percosse.

26. Di voci e di suoni. [G.M.] D. 1. 10. Subitamente questo suono uscìo D'una dell'arche. E 27. Quando un'altra (fiamma) che dietro a lei venía, Ne fece volger gli occhi alla sua cima, Per un confuso suon che fuori uscía. Tass. Amint. Sc. 2. Quinci uscían fuor voci canore e dolci, E di cigni e di ninfe e di sirene.

T. Nel seg., non il suono che viene di luogo chiuso, ma voce, fama, che va da luogo a luogo e si propaga. D. 1. 27. Gli accorgimenti e le coperte vie I' seppi tutte, e sì menai lor arte, Ch'al fine della terra il suono uscìe (uscì). Ps. 18. In omnem terram exivit sonus eorum. Io. 21. Exiit sermo iste inter fratres quod discipulus ille non moritur.

27. Uscire, per Andare a finire: più com. Riuscire. Bern. Orl. Inn. 5. 27. (C) Malagigi ad udirla stava attento, E pensa pur dov'ella voglia uscire. Ar. Fur. 18. 116. (M.) Altri più saggio in man la briglia tenne, Mirando dove questo avesse a uscire.

28. Avere effetto, che pur dicesi più com. Riuscire. Ar. Fur. 30. 77. (M.) E che con esso lei s'era partito Con speme di trovare il Saracino, E punirlo di quanto avea fallito, D'aver tolto a una donna il suo Frontino, E che 'l disegno poi non gli era uscito, Perchè diverso avea fatto cammino. [Occell.] Mont. Iliad. 4. 70. A lor difesa Nè man nè lingua moverò, chè quando Pure impedir lo ti volessi, indarno Il tentarlo usciría.

29. Derivare, Procedere. Non com. Tes. Br. 1. 5. (M.) E ciò è in tre maniere, che s'intende per tre scienze che escono di lei, cioè Dialettica, Fisica e Sofistica.

30. Risultare, Provenire. Fav. Esop. R. 102. (M.) Perciocchè molto male ne puote uscire. [G.M.] Cavalc. Med. cuor. C. 4. Le zuffe e le ingiurie, le grandi ricchezze tornano a niente; e questo è per le molte spese e condennagioni e guasti che escono dalle guerre. D. 3. 12. La donna che per lui l'assenso diede (la madrina che promise in nome di S. Domenico), Vide nel sonno il mirabile frutto, Ch'uscir dovea di lui e dell'erede (eredi). Ar. Fur. 28. 11. E fece ancor, benchè difficil fosse, Che la cognata tacita rimase, Proponendole il ben che n'usciría, Oltre ch'obbligo sempre egli le avría. Tass. Ger. 2. 69. Dolci cose ad udire e dolci inganni, Ond'escon poi sovente estremi danni.

31. Avvenire, Succedere. Cecch. Prov. 37. (Man.) S'e' non fosse l'amor ch'i' porto al vecchio,… io avrei tolto su i mazzi,… fossine poi Uscito quello che poteva uscirne.

[Cont.] Metaf. Buonarr. M. V. Lett. 14. Io ti scrissi più mesi sono che, quando ti trovassi da comperare una casa che fussi onorevole e in buon luogo, tu me ne avvisassi; e così ti scrivo che, quando ci uscissi fuor tal cosa, che tu me ne dia avviso.

32. Seguitarne, Venirne in conseguenza. Fr. Giord. 241. (M.) Di questo esce, che il fine e la perfezione della fede sta in quattro cose. E 249. La legge è cosa che ti fa e costringe d'operare virtudi e cose buone. Che n'esce di questo? Quanto più adoperi in opere di virtudi… tanto più…

33. Uscire, ass. e fig. T. Una delle due; non se n'esce: O scemare le spese, o crescer le entrate. (Non c'è via di mezzo.) – Di qui non se n'esce. – O più giudizio, o più dolori, non se n'esce.

34. [G.M.] Di panno o roba sufficiente a tale o tale lavoro, si dice che Quel lavoro esce da esso panno o roba. Con sette braccia di panno c'esce un soprabito e un pajo di calzoni per voi. – Da una pezza di tela ci usciranno dieci camicie. – Per me che son grande, da cinque braccia di panno non c'esce una giubba e una sottoveste: dureranno fatica a uscirci per voi. – Da questo rotolo di roba deve uscire il tappeto per due stanze.

D'altro. [Cont.] Cell. Scul. 6. Da poi si debbe farla (la figura) grande a punto quanto la possa uscire del marmo.

[G.M.] E dell'essere, o no, il danaro sufficiente alla spesa. Prima chi aveva un figliuolo di coscrizione, con cento lire se ne usciva: ora non se n'esce con mille. – Volendo fare un viaggetto per l'Italia, se n'esce con poco. – Credevo di spendere di più, ma ne sono uscito con sessanta lire.

35. Parimente di danaro, accennando alla difficoltà del trovarlo, del procacciarselo. [G.M.] Dav. Tac. Stor. 3. 2. Intanto danari o viveri onde uscirieno? – Tra poco ci vogliono cinquecento lire per la pigione, e non si sa di dove abbiano a uscire.

36. † Uscire, in signif. att., per Fare uscire, Mandar fuori. Fr. Giord. Pred. 188. (M.) Mosè fece molti miracoli: Sparse la polvere al vento e tutta l'aire fu piena di zenzare:… percosse la terra, e fu piena di rane e di tenebre: uscìe dalla pietra tant'acqua, che bevè di quella tutta la moltitudine. Franc. Sacch. Nov. 144. Per molto ristrignere che io feci, per uscire un granello di panico e non più, la cosa si ruppe. E appresso. (C) Per ritenere di non uscire dal corpo se non uno granello di panico, la cosa si ruppe.

37. T. Prov. Tosc. 140. Chi dell'altrui si veste, Ben gli sta, ma tosto gli esce. E 181. Aprile, esce la vecchia del covile, e la giovane non vuole uscire (perchè dorme bene). E 235. Dal campo deve uscir la fossa. E 273. All'entrar ci vuol disegno, All'uscir danaro e pegno (e però bisogna pensarci bene, prima di contrarre obblighi). E 274. Chi all'uscir di casa pensa quello che ha da fare, quando torna ha finito l'opera. E 304. Chi esce di speranza, esce d'impiccio. E 328. Chi esce di commissione, paga del suo. E 345. Il vento non entra mai in un luogo, di dove non possa uscire.

Uscire per il rotto della cuffia. V. CUFFIA, § 7. – E anco si disse Uscirne pel vano. Sassett. Lett. 289. (Man.) Parmi ch'e' penserebbe d'essere obbligato al consolo d'una lezione, e, per uscirsene pel vano, si lasciò morire.

38. Modi e locuz. diverse.

Non uscir d'alcuno, parlandosi d'uffici, e sim., vale Non conferirsi che a quello. Borgh. Arm. Fam. 14. (M.) Dovete sapere che questo sacerdozio non usciva de' patricii.

[G.M.] Non potersi uscir d'alcuno, nell'uso fam. significa che per quella tale opera, per quel tale servigio, bisogna ricorrere a lui, e non si può trovare di meglio. Chi vuole un buon medico, non si può uscire dal signor Maurizio. – Se volete un buon maestro per il vostro figliuolo, non dovete uscire dal professore che istruisce il mio. – Chi vuol roba buona, non bisogna uscire dalla tal bottega. – Volete voi una buona colazione? non bisogna uscir da Donney.

E Non potere uscir d'una cosa; Doversi fare uso di quella. Lasc. Sibill. 2. 5. (M.) Che ti par egli di tôrre (per il pasto)? Vesp. Non si può uscire di capponi, di starne, di pippion grossi e di tordi.

[G.M.] Oggi è giorno magro, e non si può uscire da un po' di pesce e un po' d'erba.

Uscire a bene o ad onore d'alcuna cosa; Terminarla o Effettuarla bene e felicemente, senza impedimenti, pericoli, disturbi. Cant. Carn. 109.(C) Ma il ciel benigno ci ha tal don concesso Ch'a ben d'ogni periglio usciti siamo. Salvin. Disc. 1. 423. L'uscirne a onore e con felicità è poco meno che impossibile. – E anco si dice Uscirne a salvamento.

[G.M.] Lasc. Capit. Salsic. A me bisogna Rinnegar la pacienza,… s'io voglio uscirne ad onore. T. Ross. Ant. Cical. 3. 2. 292. Quantunque, come ognun sa, ell'abbiano (le nostre levatrici) un poco acciarpato il mestiero, la partoriente nientedimeno n'è uscita sotto sopra a bene.

Uscire a campo; Uscire in campagna, Uscire ordinato per combattere. Car. En. 11. 718. (M.) Usciti a campo Erano i Teucri intanto, Ed ecco un messo Venir volando. – V. CAMPO, § 88.

Uscire addosso a uno; Assalirlo. [G.M.] D. 1. 21. Con quel furore e con quella tempesta Ch'escono i cani addosso il poverello, Che di subito chiede, ove s'arresta (chiede la limosina), Usciron quei (i diavoli) di sotto 'l ponticello. – V. ADDOSSO, § 103.

Uscire alla campagna, in campagna; Uscire gli eserciti dagli alloggiamenti per venire a battaglia. Ar. Fur. 2. 26. (M.) Che vuole uscir di nuovo alla campagna, E ritentar la sorte della guerra. [Cont.] Serg. Fort. mod. 102. Se pure fosse luogo, ove s'avesse a far la massa della gente in tempo d'uscir in campagna, vi si faccino stalle per la cavalleria in grandissimo numero. Melzo, Gov. Cav. I. 9. All'uscir in campagna, le compagnie siano provedute di ronzini, senza i quali difficilmente possono i soldati conservar il cavallo di servizio, bisognando loro con questo medesimo andar a foraggio in difetto di ronzino; e bene spesso, dopo aver marciato, entrar subito di guardia al campo o al quartiero, senza traporre alcun riposo per rifrescar i cavalli.

Uscire al mondo; Nascere. Ar. Fur. 36. 59. (C) In un medesimo utero d'un seme Foste concetti, e usciste al mondo insieme.

Uscire a riva o alla riva; Condursi alla riva Terminare la navigazione. Dant. Inf. 1. (C) Uscito fuor del pelago alla riva, Si volge all'acqua perigliosa e guata. Boez. Varch. 2. pros. 4. Stando elleno ferme, comunche vadano l'altre, usciremo nôtando a riva.

Uscire colla vita, parlandosi di pericolo; Uscirne vivo. Car. En. 11. 409. (M.) Ma quanti anco N'uscimmo con la vita, in ogni parte Siam giti poi nel mondo tapinando.

Uscire dai o dei comandamenti, Uscire dagli ordini d'alcuno; Trasgredirli. Per lo più colla negaz. Lasc. Parent. 2. 3. (M.) Hai tu ínteso? Spin Niente uscirò dei vostri comandamenti.

[G.M.] Non bisogna uscire dagli ordini che abbiamo ricevuto.

[G.M.] E senza la negaz. Per essere uscito dagli ordini che gli erano stati dati, è avvenuto questo disastro.

Uscire da tavola; Levarsi da mangiare, Aver finito di mangiare. Franc. Sacch. Nov. 183. (M.) Gli parea comprendere ch'egli era un gran maestro d'intagli; e innanzi ch'egli uscisse da tavola il domanderebbe…

[G.M.] Così Uscir da pranzo, Uscir da cena. Escono da pranzo ordinariamente alle sei. – Usciti che sono da cena, fanno ordinariamente un po' di lettura.

Uscire da una società, da un'accademia, da una compagnia; Cessare di farne parte.

Uscire da uno; Venire dalla casa o dalle stanze di quello. [G.M.] È uscito adesso dal ministro. – È uscito da me in questo momento.

Vit. SS. PP. 2. 251. (M.) Una mattina per tempo, uscendo egli da una di quelle meretrici,… un rio uomo e immondo diedegli una gran guanciata.

Fig. Uscir da' gangheri, de' gangheri; Uscir di cervello, il contr. di Stare in gangheri. Cecch. Mogl. 4. 2. (C) Ora i' non so che domin di malanno E di mala ventura è stata questa, Che l'ha fatto così uscir de' gangheri. Salv. Granch. 5. 3. Io credo, Duti, che tu mi farai A ogni modo uscir de' gangheri. [G.M.] Lasc. Cen. 1. nov. 8. Acciocchè egli, non si svagando, più tosto e più agevolmente ritornasse in sè, perchè egli era uscito fuori de' gangheri. Bertin. Risp. Lucard. Bisogna che voi sappiate che son proverbii de' Toscani: Stare in gangheri, Ritornare in gangheri, per Stare in cervello, Rimanere in cervello: siccome son pur proverbii toscani: Cavar de' gangheri, Uscir de' gangheri, per Cavar di cervello, Uscir di cervello.

[G.M.] Anche di chi s'impazientisce ed esce in parole o in atti a lui insoliti: È uscito da' gangheri M'ha fatto uscir de' gangheri quel presuntuoso. Red. Ditir. 12. Solamente nel vedere Mi farieno uscir de' gangheri.

Uscir dagli occhi o degli occhi una cosa; Aver gran dispiacere d'averla perduta, o di doversene privare. Malm. 7. 14. (C) E perchè è buono (quel vino) e non di quello il quale…; A Meo, che piuttosto a carnevale, Che per l'opre lo serba, esce degli occhi, E bada a dire…

[G.M.] Que' danari spesi così malamente, mi son proprio usciti dagli occhi. – Ci sono taluni che quand'hanno a pagare, par che gli escano dagli occhi. – Quell'anello che ho perduto era un ricordo; e m'è proprio uscito dagli occhi.

Uscire dal o del cammino; Non seguitare l'ordine stabilito. Bocc. g. 3. f. 5. (C) Filostrato, per non uscir del cammino tenuto da quelle,… comandò che la Lauretta una danza prendesse.

Uscir dal cuore, del cuore. T. Esce dal cuore un affetto, una disposizione retta o prava; cioè l'uomo non l'ha più. [F.T-s] Gio. Fabr. Terenz. 344. 1. M'è uscito l'affanno del cuore. (Cura ex corde excessit.) – V. CUORE, § 224.

Uscir dal fango, del fango; Sollevarsi da stato vile e basso a stato nobile ed alto. (M.) V. FANGO, § 11.

Uscire dalla brace o della brace, e rientrar nel fuoco; Liberarsi da un pericolo, da una cattiva congiuntura, e incappare in una peggiore. V.BRACE, § 9.

Uscire dal laccio, del laccio, del pericolo; Liberarsene, Sbrigarsene. Bocc. Nov. 3. g. 1. (C) Il Saladino conobbe costui ottimamente esser saputo escir del laccio. E nov. 1. g. 2. Di così gran pericoli usciti, sani e salvi se ne tornarono a casa.

Uscire dalla o della memoria persona o casa; Perderne la ricordanza, Dimenticarsene.

E Uscire della memoria, ass., si disse anche per Perdere il senno, Impazzare. V. MEMORIA, § 101.

Uscire dall'animo, dell'animo pers. o cosa; Non pensarci più. Bocc. Nov. 8. g. 4. (C) Dilungandosi da veder costei, ella gli uscirà dell'animo.

Anche Uscire dal petto, del petto. Bocc. Nov. 7. g. 8. (M.)

E con ell. [G.M.] Alf. Trag. Filip. att. 1. sc. 1. Desio, timor, dubbia ed iniqua speme, Fuor del mio petto ormai (uscite).

Uscir dall'orma, dell'orma. V. ORMA, § 12.

Uscir dal maestro, del maestro, di sotto il maestro, dicesi de' giovanetti che restano liberi dalla vigilanza del pedagogo o dell'insegnante. Dat. Lepid. 132. (Man.) Il Zanchini si pigliava gusto di burlare certi pollastrotti che uscivano del maestro.

[G.M.] Giovanetti che appena usciti di sotto il maestro, si mettono a praticare cattivi compagni.

Uscir dal mondo, del mondo; Morire. Petr. Vit. Imp. Pont. 17. (M.) Morì di flusso di ventre; e sentendosi stringere dalla morte, rizzandosi disse: debbe lo 'mperadore escire del mondo giacendo in terra? E così ritto si morì.

[G.M.] Uscir dal mondo, dicesi anche per Ritirarsi dal mondo, e darsi alla vita contemplativa. Voglio escir dal mondo, da questo mondo, e andare in un eremo.

Nel signif. di Morire, si dice pure Uscir del secolo, e Uscire di questo secolo. Men com. Belc. Prat. Spir. 239. (Man.) Il vecchio, molto contristato sopra lui, perocchè sapeva che in grande pigrizia e negligenzia era del secolo uscito, cominciò a orare e dire… Stor. S. Onofr.145. Padre, io voglio, uscito che sarai di questo secolo, rimanere in questo luogo.

[G.M.] E per Abbandonare il mondo, Darsi alla vita del chiostro. Uscì dal secolo, e vestì l'abito di San Francesco.

Uscire dal pecoreccio, del pecoreccio. V. PECORECCIO, § 2.

Uscire dal seminato, del seminato; Uscire col discorso dal proposito; e anche Perdere il senno. But. Inf. 11. (C) Tanto delira, cioè esce dal solco, cioè si svia: onde proverbialmente delirare, uscir del seminato. Morg. 15. 30. Non n'avrebbe però voluti tre, Ch'uscito sare' fuor del seminato. Buon. Fier. 4. 4. 2. Tu dài nel fanatico, E mi sembri uscito Del seminato. Malm. 1. 28. Non così tosto al campo si conduce,… Ch'ell'esce affatto fuor del seminato.

Uscire dal o del solco. V. qui sopra USCIR DAL SEMINATO, e SOLCO, § 14 e 15.

Uscire del carruccio del babbo. V. CARRUCCIO, § 4.

† Uscire del corpo, e anche ass., Uscire; Sgravarsi del ventre. Annot. Vang. (C) Fara'vi dentro i luoghi da mangiare, e i luoghi da uscir del corpo. Cron. Morell. 283. (M.) Fa' di stare sobrio (lubrico), sì che tu esca il dì due volte il meno.

Uscire del debito; Mancare al dovere. Non com. Ar. Fur. 31. 15. (M.) Il buon destrier che tu m'hai tolto, Perchè caro mi fu mentre che visse, Mi faría uscir del mio debito molto, Se così invendicato si morisse.

Uscire del manico, fam.; Ammattire. [G.M.] Grass. Legn. Nov. Immaginò delle due cose dovesse essere l'una, cioè o che costui fosse uscito del manico, o che la fussi una beffa. – V. anche MANICO, § 9.

Uscire del marcio o di marcio. [G.M.] Fare qualche punto al giuoco per non perderlo marcio; e fig., Conseguire la prima volta qualche cosa desiderata. V. MARCIO, agg. e sost.

Uscire della o dalla neutralità. [G.M.] Cessar di tenersi neutrale fra potenze belligeranti. L'Inghilterra è uscita della neutralità. La Francia dichiara che non vuole uscire dalla neutralità.

[Cont.] Lett. varie, Arch. St. It. App. 21. 166. Quanto Sua Santità mostra di sperare che i Veneziani sieno per uscire della neutralità; mi è parso, dopo quest'ultimo spaccio venuto da Venezia, trovar questo clarissimo oratore assai freddo, e accennare, piuttosto che dirlo, che i suoi signori potrieno volere scorrere così senza fare nuova resoluzione.

Uscir del petto. V. USCIR DELL'ANIMO.

Uscir del proposto o del proposito; Uscire, Dipartirsi da quello che altri aveva convenuto o prefisso. Bocc. Nov. 2. g. 4. (C) A dire una novella, senza uscir del proposto, da ridere, si dispose.

Uscir del segno; Eccedere. Ar. Fur. 46. 73. (M.) Ch'a quel signor non parría uscir del segno Se spendesse per lei mezzo il suo regno.

Uscir de' panni vedovili; Deporli, e passare ad altre nozze. Non com. Franc. Sacch. Nov. 47. (M.) Con la dota sua, e con il lascio, in meno di due mesi uscìo de' panni vedovili, e rimaritossi.

Uscire de' sensi; Andare in estasi. Bart. Miss. Mog. (M.) Tanto profondamente coll'anima in Dio, che usciva affatto de' sensi, e non sentiva di sè punto più che una statua.

Uscire de' limiti, de' termini; Uscire del giusto, del conveniente, Trasmodare. [Cors.] Segr. Fior. Disc. 1. 34. Raccozzato il breve tempo della sua dittatura e l'autorità limitata ch'egli aveva, era impossibile ch'egli uscisse de' termini suoi.

[G.M.] Serdon. Prov. Uscire de' termini, vale anco lasciarsi trasportare dalla collera a dire qualcosa poco consigliatamente. – V. anco TERMINE, § 7, e LIMITE, § 5.

Uscir di ballo, o fuor di ballo, fig.; Uscire di qualche maneggio o negozio. V. BALLO, § 29.

Uscir di bando, di carcere; Essere liberato dal bando, dal carcere. Dant. Purg. 21. (C) E per esser vivuto di là quando Visse Virgilio, assentirei un sole (un anno) Più ch'io non deggio al mio uscir di bando (per uscire dal carcere del Purg. Qui a modo di Sost.). Ar. Fur. 32. 10. A chi aspetta di carcere o di bando Uscir, non par che 'l tempo più soggiorni.

Uscir di bocca una cosa; Venir detta, Scappar detta. T. Esce di bocca, quasi non volendo, una parola nella foga del discorso.

T. F. Vannozz. Canz. 2. 21. La parola grave, Ch'uscì di bocca di quel padre santo. (Qui non vale Scappare quasi a malgrado.)

Uscire di casa sua; detto di donna; Lasciare la casa paterna, Maritarsi. E Entrare in una casa, Andarvi sposa. [Cont.] Sass. Fr. Not. fam. XLIII.Farò un poco di nota di quelle poche donne che per li libri del più volte nominato Paolo Sassetti, e per altri ricordi di casa nostra, io ho trovato che per via e con il mezzo di parentadi sono entrate e uscite di casa nostra.

Uscire di casa co' piedi innanzi, fam. [G.M.] Morire; perchè così si portano sul coltrino i morti alla bara. Poveretto! È così malato, che non uscirà più di casa se non co' piedi innanzi.

Uscire di cervello, del cervello. V. USCIRE DI SENNO.

Uscire di commissione, dalla commissione; Trasgredire la commissione, o Non eseguirla a dovere. Non com. Sassett. Lett. 41. (Man.) Ma voi non dovrete avere a male che io sia uscito dalla vostra commissione in mostrarlo (lo scritto). Car. Lett. ined. 1. 11. (M.) Ma io non posso uscir di sua commissione, perchè me ne ha parlato come di un misterio. Pros. Fior. 4. 1. 59. E però non vi maravigliate se non l'ho detto nè a Luca, nè ad altri, chè non voglio uscir di commissione.

Uscir di convento, seminario, e sim.; Uscire da quegl'Istituti dopo avervi compiuta la propria educazione. [G.M.] Uscì di collegio a sedici anni, e passò all'Università per farvi gli studii di medicina.

Uscir di debito; Sdebitarsi. Tass. Lett. 3. 206. (Man.) Converrà che io la vada cercando (la fiera), per uscir di debito.

[G.M.] Uscire d'un debito; Saldarlo. Per uscire d'un debito che aveva col bottegaio, quella povera donna ha dovuto vendere il paiuolo e la secchia.

[G.M.] È uscito di tutti i suoi debiti, dicesi fam. di chi muore senza averli saldati. E anco si dice: Ha pagato tutti.

Uscir di laberinto, da un laberinto, fig. [G.M.] Da un qualche affare difficile, avviluppato. Morg. 25. 1. Insino a qui la tua destra, o signore. Assai mi fu, senz'altro filo o iugegno, A uscir d'ogni laberinto fuore. = Lasc. Gelos. 1. 2. (Man.) Io sono entrato in un laberinto, che Dio voglia che n'esca a bene.

Uscire d'imbarazzo, d'imbroglio, d'impegno, e sim.; Liberarsi dall'imbarazzo, Sciogliersi dall'imbroglio, ecc. T. Bern. Orl. Inn. Non uscì mai di quell'impaccio. [G.M.] Segner. Mann. Apr. 27. Tu vieni, se non altro, ad uscire di mille impegni, di mille inquietudini. E Incred. 1. 6. 1. Dànno in falsità strabocchevoli, e, per uscirne, sempre poi s'intrigano più.

Uscir di mano, dalle mani d'alcuno; Scappare, Scampare. Bern. Rim. 1. 105. (C) Convien ch'io mi distempre A dir ch'uscissi di man de' famigli.

T. Vang. Cercavano di prenderlo, e uscì dalle mani loro.

E fig. [Giust.] Serdon. Stor. Ind. 9. 92. Non volle lasciarsi uscir di mano una così bella occasione di vendicare le ricevute ingiurie.

† Uscir di mendicume; Cessare d'esser mendico. Ora diremmo: Uscir di miseria Franc. Sacch. Nov. 155. (Man.) La donna, volenterosa che 'l marito uscisse di questo mendicume, dice: marito mio…

Uscir di mente, lo stesso che Uscir dalla memoria; Dimenticarsi. Bocc. Nov. 10. g. 10. (C) Uscito di mente non m'è che ignuda m'avesse. E Ninf. Fies. 161. Già padre e madre, e tutte altre faccende, Gli uscian di mente. Amet. 100. Ma tutto questo m'usciva di mente. Bemb. Asol. 2. 121. Non vi sento di così labile memoria, che vi debba esser di mente uscito. Boez. Varch. 1. Pros. 2. Egli è alquanto a se medesimo uscito di mente. [Giust.] Serd. Stor. Ind. 12. 113. Non credere che mi siano uscite di mente quelle cose che tu mi raccontasti.

Uscire di moda. T. Non essere più di moda. Il cerchio alla sottana è uscito di moda.

Uscir di modo o di misura; Uscire de' termini, del convenevole. Non com. Cavalc. Med. cuor. 238. (M.) Per farlo insuperbire e uscire di modo. E 239. Molti, per le lode e per gli onori e stato di prosperità, escono di modo e di misura.

Uscir di paggio. V. PAGGIO, § 4.

[G.M.] Uscire di paradiso, fig.; Di là dove uno stava in piena contentezza e a tutto suo agio Morg. 19. 30. Così di paradiso sono uscita, E son condotta in queste selve scure.

[G.M.] E il contr. Uscire d'inferno, dall'inferno; Da uno stato, da una condizione trista, orribile. Segner. Mann. Apr. 14. Da un inferno, qual è quel del peccato, finchè dura la vita, si può uscir sempre; non già sempre se n'esce. – Voglio uscire a ogni costo da questo inferno.

Uscir di passo; Lasciare il passo ordinario e camminar più sollecito. Gell. Sport. 1. 1. (C) E che sì, ch'io ti giro una mazzata in sulla testa,… e farotti uscir di passo! Fir. As. 212. Benchè quelle bastonate per altro non m'avessero fatto uscir di passo,… nondimeno io m'accomodavo al correr volentieri.

E fig. Operare con maggior diligenza o efficacia del solito. Cecch. Corr. 2. 2. (C) Ma e' la farà bene uscir di passo. E 3. 7. Sì, sì, e' bisogna farla uscir di passo.

[G.M.] Di chi mostra non affrettarsi nel fare checchessia, anche quando vi sarebbe il bisogno, suol dirsi: E' non esce del suo passo. Non c'è pericolo che esca del suo passo.

Uscir di pena; Finir di penare, Dar fine alla pena. Bocc. Nov. 7. g. 8. (C) Fiaccandoti tu il collo, uscirai della pena nella quale esser ti pare.

Uscir di scena, Ritirarsi gli attori dietro il palco scenico. Il contr. di Venire in scena.

T. E ass. Nelle commedie: Esce.

[G.M.] Fig. Esce di scena, chi si ritira da qualche affare in cui aveva parte con altri. Non ha voluto più saper nulla di quella lite, e, quanto a sè, è uscito di scena. Non ho più che fare in quella amministrazione; sono uscito di scena.

Uscire di scherma, fig.; Perder la regola e il modo del far checchessia; Non saper quel che uno si faccia. (M.) V. SCHERMA, § 2.

Uscire di sè, fuori di sè; Perdere l'uso della mente. Bocc. Nov. 10. g. 4. (C) Quivi vedendosi, quasi di sè per maraviglia fosse uscito, nè da qual parte fuggir si dovesse o potesse vedea. Capr. Bott. 1. 3. E' ti pare un bel giuoco sentirsi favellare a questo modo una voce nel capo, che mi hai già fatto uscire mezzo fuori di me! Ciriff. Calv. 4. 109. Dicendo: O Sinefidio, se' tu ora Di te uscito? E tutto lo rincora. [G.M.] Adrian. Stor. Il che raddoppiò in modo l'allegrezza, che molti non si potendo tenere, come se di loro fossero usciti, e con gli atti e con la voce ne davano manifesto segnale. Baldov. Compon. dramm. Questa mossa Sì del tutto improvvisa, Mi sorprende in tal guisa, Che fa uscirmi di me.

[G.M.] Esce fuori di sè un malato, se la malattia gli va alla testa. – Esce fuori di sè chi è preso da deliquio.

Uscire di sè, vale talora Esser rapito fuori de' sensi, Andare in estasi. Pass. 37. (C) Un dì, di subito uscendo di sè, fu rapito innanzi al giudizio di Dio.

Uscire di senno, di cervello, del cervello; Impazzare, Ammattire. Nov. Ant. 99. 10. (C) E così uscirete voi di senno, e farete vergogna a tutta cavalleria. Amet. 26. Ameto, riguardandole in sè, multiplicando l'ammirazioni, quasi di senno esce. Galil. cap. Tog. 3. 182. Io sto a veder se il mondo è spiritato, S'egli è uscito del cervello affatto.

Uscire di squadra. V. SQUADRA, § 13.

Uscire di strada o della strada; Mutar la via per la quale uno aveva cominciato a far cammino. [Cont.] Melzo, Gov. Cav. IV. 6. In questa maniera il detto capo con la sua gente acquisterà spazio d'allontanarsi da' nimici, i quali potrà facilmente ingannare, co 'l benefìzio dell'oscurità della notte, e co 'l far cancellar la pista dei cavalli in quel luogo nel quale uscirà di strada, potendosi credere che i nimici l'anderan seguitando per il camino dritto.

E fig. Deviare dal retto sentiero, Uscire dal proposito. Boez. Varch. 3. Rim. 11. (C) Chiunque vuol profondamente il vero Cercar, nè fuor di strada uscir giammai… Fir. Rim. 129. E perch'io er' uscito della strada, Sarà ben ch'io vi torni.

Uscire di tema; Uscire dell'argomento; e anco Confondersi. Malm. 2. 47. (C) Che quei ch'esce di tema nel rispondere, Convien che il pegno subito depositi. [Cors.] Pallav. Stor. Conc. 8. 7. 6. Non dovea permettere l'uscir del tema.

[G.M.] Avevo cominciato un discorso importante; ma colle sue interruzioni m'ha fatto uscir di tema.

Uscire di tono; Stonare. (C)

E fig. Perdere il filo del ragionamento, Non rispondere a proposito. Malm. 6. 38. (C) Che in quel colloquio fe' sì gran frastuono, Che finalmente ognuno esce di tono.

Uscire di ufizio, di magistrato, o sim. Terminare alcuno il tempo del suo ufizio, del magistrato, o sim. [Cors.] Plut. Adr. Op. Mor. 1. 144. Andiamo contro l'ingiuriante, uscito che sarà di magistrato. [Cont.] Cit. Tipocosm. 449. Andar in magistrato, uscirne, succeder ad altrui.

T. Uscire di consolato. È uscito di consigliere municipale.

† Uscire di umana forma; Deporla, Spogliarsene. Car. En. 4. 414. (M.) E più non disse, Nè più risposta attese; anzi dicendo Uscío d'umana forma e dileguossi.

Uscire di o da una persona, parlandosi di beni, o di diritti ereditarii; Passare in altrui. M. V. 1. 9. (M.) Acciò che la successione del regno non uscisse delle nipoti.

[G.M.] Alla morte del Marchese, il giuspatronato del benefizio esce dalla casa di lui, e va all'altro ramo.

In altro senso: Uscire di o da una persona o cosa, vale Cessare di parlarne. Bocc. Nov. 6. g. 3. (M.) Alquanto è da uscire della nostra città, e… alquanto delle cose che per l'altro mondo avvenute sono, raccontare. Franc. Sacch. Lett. 226. Ma usciamo di papa Urbano (di cui avea parlato sino a qui), e vegnamo ad una parola che mi diceste.

[G.M.] Usciamo da questo noioso discorso. – Usciamo ora da Virgilio, e passiamo a Dante. [Cont.] Sass. F. Lett. 16. Veggo bene che avendovi ricerco per grazia che noi uscissimo di questi propositi, che voi non me ne avete compiaciuto: il che forse è la prima cosa che mi avete disdetto.

Uscire d'una cosa; Finirla, Spedirsene. Fir. Trin. 2. 2. (C) Oh su dunque, la mia Purella, di' su, alto, bene, escine. Lasc. Gelos. 3. 6. (M.) Orsù non tardar più, va' per costui, escine oramai. [G.M.] È tanto che dovete pubblicare quel libro! Uscitene una volta.

Uscire d'una cosa, vale anche Liberarsene, intendendo di cosa che spiace, che pesa. Franc. Sacch. Nov. 225. (M.) Se Dio mi dà grazia ch'io esca di questa notte (avea la mala notte), tu non mi coglierai più. [G.M.] D. 3. 4. Ma or ti s'attraversa un altro passo (un altro ostacolo, un'altra obiezione) Dinanzi agli occhi, tal che per te stesso Non n'usciresti pria saresti lasso. Ar. Fur. 46. 32. Di meco conferir non ti rincresca Il tuo dolore, e lasciami far prova Se forza, se lusinga, acciò tu n'esca, Se gran tesor, s'arte, se astuzia giova. – Mi par mill'anni che s'esca di quest'inverno così rigido. – Uscire da una malattia. Speriamo che n'esca, ma è un gran malato.

Uscire di vita; Morire. [Val.] Fortig. Ricciard. 19. 8. Poco mancò che non uscì di vita.

Uscir fuori. [G.M.] Sporgere. Morg. 14. 73. Fuor della bocca gli uscivan due zanne Ch'eran d'avorio, e lunghe ben sei spanne (al liofante).

[Cont.] Cell. Oref. 12. Quelle parti che uscivan fuori di maggior rilievo. G. G. Fort. XI. 142. Uscivano fuori della cortina co' torrioni e rivellini. Bart. C. Arch. Alb. 139. 35. Le colonne tonde non vogliono uscire nè più nè men fuori che mezze. Scam. V. Arch. univ. II. 37. 17. I pilastri per regola generale, quando saranno da se soli appoggiati alle mura, deono uscire la quarta parte della loro larghezza; perchè così fanno bello aspetto, e capiscono anco gli aggetti degli ornamenti delle porte, e finestre, e nicchi, o tabernacoli che fussero tra essi. – V. anche IN FUORI, § 2.

Uscir fuori de' beni paterni; Consumare, Rifinire tutto quello che si era ereditato da' suoi. Non com. Ar. Fur. 43. 75. (M.) A spender cominciò senza ritegno In vestire, in conviti, in farsi onore… Io credo ben che non passâr duo verni Ch'egli uscì fuor di tutti i ben' paterni.

Uscir fuori del secolo; Maravigliarsi grandemente, Strasecolare. Non com. Ambr. Cof. 3. 6. (C) Orbè, che chiacchiera È stata questa? Puoss'egli ora intenderla? Ch'io per me son quasi uscito del secolo?

Uscir fuor di natura; Far cosa insolita, o contraria alla propria natura. M. Cin. Rim. 25. (M.) Se veder si potesse lo cor mio, Fera non è sì dura, Che della sua natura, Fuor non uscisse a pianger sì com'io.

[G.M.] Un avaro che una volta si mostri liberale, direbbesi che esce fuori della natura sua.

† Uscire il fistolo o sim. d'addosso a uno; Restare uno libero dal fistolo che aveva; e fig., dalla passione da cui era dominato. Bocc. Nov. 5. g.7. (C) Infino a tanto che il fistolo uscisse d'addosso al suo marito.

Uscire il gusto d'una cosa; Perderlo, Non averlo più. Lasc. Parent. 4. 3. (M.) S'io v'uccello, ch'uscir mi possa il gusto della carne arrosto e del vin pretto.

Uscire il ruzzo; Non aver più voglia di ruzzare; e fig., Perdere la voglia, il capriccio di checchessia. E anche dicesi: Uscire il ruzzo del capo, della testa. Tac. Dav. Stor. 1. 262. (C) Nè in quei gran pensieri gli uscì del capo il ruzzo degli amori. Lasc. Rim. 1. 130. Fra me stabilito Ho di far vita civile e modesta, Che m'è uscito il ruzzo della testa. Car. Lett. 2. 333. Per conto delle donne, omai vi dovería essere uscito il ruzzo del capo. Cecch. Mogl. 4. 2. Che forse e' le uscirebbe il ruzzo Degli orecchi, e la rabbia del gridare.

Uscire l'anima dal corpo. T. Morire, Esalare l'anima. Arist. Ψυχῆς ἐξελθοῦσης.

Uscire la pazzia del capo; Lasciare i ghiribizzi, le bizzarrie. [G.M.] Morg. 13. 58. Tra pazzi e pazzi e bestie e bestia fia; Chè c'è ben di due gambe bestie ancora; Forse a qualcuno uscirà la pazzia.

Uscir l'ira; Pacificarsi, Placarsi. Bocc. Nov. 7. g. 5. (C) Al quale, per avere a morte condotto Pietro, non era l'ira uscita.

Uscir pagatore; Pagare la mallevadoría contratta. Segner. Mann. Giugn. 11. 1. (M.) Si degnò di entrare mallevadore per te,… finchè… per te medesimo uscisse ancor pagatore. E num. 2. Se entrando mallevadori sapesser certo di dover uscir pagatori, non entrerebbono.

Uscire sopra alcun luogo, detto di stanze, di case, o sim. Rispondervi, Guardare. Bocc. Nov. 7. g. 2. (C) Con lei verso una porta, che sopra il mare usciva, solo se n'andò.

† Uscir su; Crescere, detto di pers. Sassett. Lett. 305. (Man.) La Margherita era viva e sana, e usciva su per darvi molto tempo in che intendere, e farvi suocera.

Uscir vano un disegno, o sim.; Andare a vuoto, Non sortire l'effetto. Ar. Fur. 26. 59. (M.) Ma vano il mio disegno ier m'uscío, Chè me lo tolse un Saracin ribaldo (il cavallo).
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Lista Verbi: urtare, usare « uscire » ustionare, usufruire
Vocabolario inverso (per trovare le rime): indolcire, sancire, inferocire, farcire, infarcire, marcire, risarcire « uscire (ericsu) » riuscire, fuoriuscire, cucire, ricucire, scucire, sdrucire, dire
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